Illustrazione di Alessia Tricarico |
Fuoco.
Fuoco ovunque.
Sono al centro
di una stanza che va a fuoco.
Mi guardo a
destra, a sinistra, sono circondato.
Ma non posso
morire così.
Sono giovane.
Sudo freddo,
malgrado il calore che mi increspa la pelle.
Ho paura.
Corro in quell’incendio,
gridando tra le fiamme.
E mi sveglio.
L’unica cosa
vera, è il sudore.
Sono sudato
fradicio.
Non sono solito
fare incubi.
Sono nella mia
nuova stanza, a piani e piani di distanza dal lettuccio in cui dormivo fino a
ieri.
E’ una camera
tutta rossa, dalle tende alle coperte, al tappeto, agli armadi, alle pareti…
Tutta rossa.
Alle 6:30 il
principe si sveglierà.
Io dovrò essere
già pronto a seguirlo tutto il giorno, dalle lezioni di tiro con l’arco, al
pranzo, alle sue passeggiate e qualunque altra cosa faccia.
Mangerò a tavola
con il Re.
Per tre volte al
giorno, avrò l’occasione di tessere un rapporto con lui.
Devo essere come
una spugna.
Devo assorbire
tutte le informazioni di cui ho bisogno per rendermi prezioso ai suoi occhi,
indispensabile.
Un po’ di
fiducia, già l’ho guadagnata, grazie al casuale e miracoloso salvataggio del
suo adorato primogenito.
Non mi manca
molto casa, ma sento di essere in una situazione che non mi appartiene. Se non
riuscissi a conquistare il Re e ad ucciderlo nei tempi stabiliti e senza che si
venga a sapere che è stato un soldato-spia di Kroatoan, sono disposto a
sgozzarlo anche a tavola.
Questo per ora
non è possibile perché, se facessi fuori lui, poi farebbero fuori me e i miei
compagni.
Invece se
sistemo le cose in modo tale che nessuno sospetti di me, allo scadere del terzo
mese, ci sarà confusione, ci sarà panico. E poi, solo quando io, Rony e Emma
saremo al sicuro e l’esercito di Locke avrà penetrato le mura di Gelso, grazie
a quelli di noi che sono all’interno, verrà rivelato che siamo stati noi.
Il non essersi
accorti di avere il nemico nel loro stesso Regno, sarà il colpo finale.
Senza Re e senza
sicurezza è una battaglia persa.
Mi alzo dal letto,
scosto le tende.
Il sole è alto, il
cielo è blu.
Poggio una mano
sul vetro, all’altezza di una nuvola.
Ancora non le ho
assaggiate.
Dopo essermi
lavato e vestito, vado verso la stanza del figlio del Re.
Trovo la porta
socchiusa.
Strano.
Dovrebbe ancora
essere a letto, a dormire.
La spingo dalla
maniglia con la punta delle dita…
Lui è già in
piedi, vestito di tutto punto, mentre rovista in un baule.
Mi vede dallo
specchio di fronte a sé e il suo volte tranquillo diventa improvvisamente
scocciato.
«Ah, sei qui.
Non ce n’era bisogno. So dov’è la sala da pranzo, posso arrivarci da solo»,
dice innervosito.
«Ho ricevuto i
miei orari e i miei compiti e intendo rispettarli», rispondo secco, continuando
a rimanere sulla soglia della porta.
«Ah, dimenticavo» aggiunge con tono sprezzante
«sei un soldato, ecco perché sei così robotico. Ce li avete i robots, a
Clorophilia?»
I soldati sono
abituati ad essere maltrattati.
I comandanti, i
sergenti lo fanno per renderli più forti.
E funziona.
Ma non per
tutti.
A volte
scatenano la ribellione. Come per alcuni Disonorati di Kroatoan.
C’è chi dice che
anche l’amore renda forti e senza paura.
Ma io non ho
bisogno dell’amore, perché già non provo paura.
E poi, non
potrei neppure sentirlo, l’amore.
«Non molti,
Principe», rispondo neutrale.
«Da noi arano i
campi. Perché non soffrono il caldo e la stanchezza». Si volta verso di me, e
mi fissa trucemente.
«Non ti voglio».
Non ne avevo dubbi.
«Ma sono suo
comunque». I suoi capricci da principino non funzionano con me.
«Mio padre non
può farmi questo! Non sono più un bambino! Tu eri un Servitore, potevi
continuare ad esserlo! Cosa sei venuto a fare a Gelso?!”
La sua domanda
diretta mi scuote.
«Io a
Clorophilia non avevo nessuno. Non avevo niente da perdere. Forse sono venuto
qua per avere qualcuno, per trovare qualcosa».
Di solito queste
smancerie funzionano con i ragazzini.
E forse non è
neppure una menzogna.
Mi guarda,
suppongo che stia pensando a come comportarsi dopo le mie parole.
«Potevi andare a
Kroatoan!», sbotta alla fine.
E’ un pessima
barzelletta.
E mi verrebbe da
dire che il bambinetto è senza cuore, ma dato che sono nella stessa condizione
“emotiva”, credo sarebbe paradossale.
«Anche stare a Gelso comporta delle
responsabilità. E può essere comunque orribile, se non vieni accettato», sospira, con un po’ di
amarezza.
Accettato.
Parla di lui.
Chi non
l’accetta?
Il Re, forse?
No, è solo
protettivo, ma lo ama, si capisce.
E anche il
Personale del Palazzo, sembra trattarlo bene.
Lo scoprirò, se
avrò tempo…
Ora è il momento
della colazione. Con il Re.
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