Illustrazione di Alessia Tricarico |
E’ tutto bianco.
Le pareti, il pavimento. I mobili. Il lampadario di perle. Le
sedie. Le tende. Il tavolo, la lunga tovaglia, che sovrasta parte del
pavimento. Le tazzine del caffè, i bicchieri, i piatti, le caraffe, i
tovaglioli. Il caffè. I biscotti.
Nella sala della prima colazione del Re, siamo noi gli unici
ad indossare colori differenti.
Sono stupito dal vedere che ci sono anche il Guardiano
Principale e il Cappellano. C’è il Re, due sue guardie personali. E il
principino.
«Allora, ragazzo, ti sta dando del filo da torcere mio
figlio?», mi chiede Lui sorridendo.
Da quando in qua un re da più retta ad una guardia che a suo
figlio?
«Non gliene darei, se non mi seguisse 24 ore su 24»,
risponde Enock al mio posto.
«Ancora non abbiamo trascorso 24 ore assieme, Maestà,
aspetti a lamentarsi», gli dico, guardandolo mentre immerge un cornetto
(bianco) nella sua tazza di succo d’arancia (credo, dato che è bianco, ma il
profumo sembra essere quello).
«Perché? Mi farai capire quanto in realtà la tua compagnia
sia migliore?», esclama con sarcasmo il marmocchio.
«O peggiore», e io non sono sarcastico.
Il Guardiano, seduto alla mia destra, scoppia a ridere.
«Ci sono tutti i presupposti che nasca una grande amicizia,
causata da incredibili avventure», esclama.
“Incredibili avventure”, cosa vorrà dire?
Mentre si consuma tra una chiacchiera e l’altra questa
colazione intrisa di quella che viene comunemente chiamata allegria, il mio
sguardo è fisso sul Re.
E’ a soli 3 posti di distanza da me.
Quando, un giorno non molto lontano, gli sarò addosso, con
cosa potrò togliergli la vita?
Credo che si meriti una morte dignitosa e indolore.
…E se fosse davvero immortale? No, è impossibile.
Spero.
«Vado a in bagno a lavarmi i denti e poi ho le prove con
l’arco. Finisci il tuo caffè e poi raggiungimi immediatamente!», esclama il
principino con arroganza.
Trattengo un sospiro.
Una Servitrice alla mia destra mi chiede se possa versarmi
del latte.
Il latte che di solito è bianco, a Gelso è azzurro.
Certamente.
Cinque minuti dopo sono fuori dalla porta del bagno.
«Maestà, ha finito? Farà tardi per la sua tanto agognata
lezione di arco».
Nessuna risposta dall’altra parte.
Busso.
Silenzio.
Busso più forte.
Provo ad aprire la porta.
E’ chiusa a chiave dall’interno.
Non mi resta che sfondarla con un calcio.
Si apre malamente la porta, per ricevere la fantastica
sorpresa (ecco, adesso sono sarcastico) di una finestra spalancata, una di
quelle tovaglie immense usate per la Sala della colazione, che evidentemente ha
trovato nella cesta del bucato, fissata al lavandino ed usata come fune.
Mi precipito a guardare giù.
Di Enock nessuna traccia.
Mi guardo intorno.
Non può sfuggirmi la scritta realizzata sullo specchio sul
lavandino col dentifricio blu.
“Prova a trovarmi adesso, cocco”.
Sul serio?
Come se i guai non fossero già abbastanza.
Scritto da Valeria Quarto