Illustrazione di Alessia Tricarico |
Seguo le orme, che come mi hanno portato fin qui, mi riportano fuori.
Entro dalla porta del retro del Palazzo, che è più vicina rispetto
all’Infermeria, dove sto portando la ragazza. Ma non faccio in tempo a varcare
la soglia, che due servitori che si trovavano nei paraggi ci vedono e vanno in
tilt.
Letteralmente.
«Oddio, cosa è successo, cosa è successo!», esclamano tutti agitati,
avvicinandosi a me e cercando di prendermi il ragazzo dalle spalle.
«L’ho trovato giù nel pozzo del labirinto, è privo di sensi»,
rispondo, non riuscendo a capire.
«Avvisate il Re!» grida uno di loro «Principe, principe! Riesce a
sentirmi?»
Eccolo.
Il Piano.
L’ho detto che a volte serve solo resistenza.
Sono in Infermeria.
Il “principe” si è appena risvegliato e si preme la borsa del ghiaccio
sulla testa.
Il principe.
L’infermiera si è allontanata per prendere ago e filo, per ricucire la
brutta ferita che si è fatto.
Devo essere gentile.
«Come si sente, Altezza?» domando.
«Come se fossi caduto giù in un pozzo e avessi sbattuto la testa»,
risponde sarcastico.
Sono sulla sedia accanto al lettuccio dove è steso.
Si mette seduto, con un po’ di «Ahia» e si volta verso di me.
Mi fissa.
Io sostengo lo sguardo.
«Mi sta radiografando, Maestà?»
Lui aggrotta la fronte.
«E’ il mio superpotere insieme all’abilità di volare».
«Quella che non ha usato per scendere nel pozzo».
«Ovviamente».
Arguto per essere il piccoletto che è.
I suoi occhi sono color cielo e i capelli neri come il carbone.
L’infermiera rientra.
«Mi raccomando stia fermo Principe, eh, che questa volta se l’è vista
brutta! La stavano
cercando da un sacco di tempo» esclama, cominciando a
medicarlo.
«Ma se sono caduto solo un paio d’ore fa! Ahi! Come al solito
esagerate! Ehi, ahia, che fai?!»
«Ti ricucio, Principe, ti ricucio! L’Infermeria, in questo palazzo,
esiste solo per te», si lamenta la donna.
Poi mi domanda: «Come ti chiami, giovanotto?»
«Jensen Logan, signora».
Il brunetto mi guarda di sottecchi.
«Sono Servitore da un paio di
giorni.”
“Infatti mi sembrava di non riconoscerti» ammette l’Infermiera.
Bussano alla porta.
E’ il Re.
«Tu devi sempre essere fonte di preoccupazione, Enok! Sempre!» esclama
arrabbiato, appena entra.
«Papà, non è colpa mia se mi sono sporto troppo!», ribatte lui.
E così il suo nome è Enok.
Credo che l’avventura che sto già vivendo qui a Gelso da qualche
giorno avrà degli sviluppi… inaspettati.
Scritto da Valeria Quarto
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