E’ vero che
l’ultimo se n’è andato di sua spontanea volontà, ma se poi fosse stato
trattenuto con la forza?
Fatto sta
che con Roy ed Emma, dopo averli aggiornati sulla mia conversazione col Re,
decidiamo di addentrarci nelle cantine del castello, per guardare cosa c’è in
quella stanza non numerata e senza nome che (però) appare sulla mappa.
«Potevi
chiederlo al Re, di che camera si tratta», borbotta Emma, mentre accende la sua
fiaccola prima di cominciare a scendere la lunga scalinata che conduce ai piani
sotterranei.
«La piega
dell’argomento che stavamo affrontando non lo permetteva», le rispondo.
Non mi va di
discutere su ogni cosa.
Roy apre la
fila, lo segue Emma e chiudo io il trio.
La scalinata
è troppo stretta e non permette che camminiamo uno accanto all’altro.
Nelle
battaglie, di solito ero io a condurre o io a chiudere.
Comunemente
si pensa che l’ultimo, quello che rimane “dietro”, sia un vigliacco, perché si
nasconde tra quelli che lo precedono. Forse per qualcuno è così, ma per me è
diverso.
Chi è al
primo posto, affronta il nemico faccia a faccia, ma chi è all’ultimo posto
difende le spalle dei compagni e controlla che l’avversario anziché giocare di
forza, attaccando frontalmente, gioca di furbizia, colpendo dove gli occhi non
arrivano.
A me piace
stare al primo posto, ma preferisco rimanere dietro quando sono legato in modo
particolare ai miei compagni.
Per
proteggerli.
E sì, ormai
è storia vecchia, che non posso voler loro bene, perché ho un cuore che pompa
sangue, ma non emozioni, ma la mia coscienza stima il valore della loro vita e
mi spinge a fare questo.
Perché
possiamo sfuggire dai nostri sentimenti, ma non dai nostri pensieri.
Le pareti
che ci circondano sono di alabastro, come le scale… In questo castello non
esiste niente di tetro e terrificante, vero?
«Da questa
parte», dice Roy.
Mi giro di
scatto, scrutando il buio alle mie spalle.
Il mio
movimento deve essere stato molto brusco, perché anche Emma e Roy si girano,
mettendosi in posizione d’attacco, impugnando la fiaccola non più come il mezzo
che serviva per far luce, ma come arma da combattimento.
Ma non c’è
nulla.
Dopo un
attimo di silenzio, Roy bisbiglia: «Cosa è successo, Jensen? Hai sentito
qualcosa?».
Non so che
rispondere.
Il punto è
che non lo so.
E’ come se
il mio corpo avesse percepito qualcosa e si fosse mosso di conseguenza, ma
consciamente, non ho sentito nulla, né visto…
«Ragazzi…
Non lo so. E’ stato strano. Proseguiamo, ma occhi aperti. E non intendo solo
quelli “fisici”, se percepiamo qualcosa di strano, stiamo allerta».
Non ho idea
di cosa io stesso abbia detto, e forse neppure i miei compagni, ma le parole mi
sono uscite così.
Proseguiamo seguendo
le scale, Roy in una mano regge la torcia di fuoco, nell’altra la mappa.
«Ci siamo»,
sussurra ad un certo punto.
Arriviamo in
un grande ingresso, sempre in alabastro, più illuminato rispetto alle
scalinate.
Ci sono tre
porte, una alla nostra sinistra, una al centro, una sulla destra.
Stando alla
mappa,quella a destra dovrebbe essere la stanza della lavanderia, la centrale
il ripostiglio… Quindi è quella a sinistra.
«Pronti?»,
domanda in modo retorico Roy.
Ci
guardiamo.
Emma afferra
lentamente la maniglia.
Apre.
Scritto da Valeria Quarto