domenica 16 luglio 2017

LA TOMBA DELL'AMORE NON E' IL MATRIMONIO

Fino a pochi decenni fa il matrimonio era ritenuto il “coronamento di un sogno”; oggi, senza alcuna sfumatura di sarcasmo, in molti lo additano come “la tomba dell’amore”. Stando ad una statistica del Censis riportata dal giornale La Repubblica, il calo di questa istituzione è così drastico che per il 2031 è previsto – indovinate un po’– il numero di ben zero unioni matrimoniali.

Ma cosa è cambiato? Perché un evento tanto desiderato, ambito, obiettivo di vita fino a poco tempo fa, è diventato peggio di un virus dal quale fuggire? Le motivazioni sono legate alla struttura storica e sociale della nostra società. Tralasciando ragioni di una certa gravità, come il tradimento o altro, il crescente individualismo, le aspettative di vita differenti (per esempio: il concentrarsi unicamente sulla carriera, ecc.), il volersi lasciare con più facilità – e meno spese, le pratiche per il divorzio costano – e l’intromissione di terzi nel nucleo familiare della coppia sono tra i motivi più gettonati. Inoltre il matrimonio ha perso l’aspetto col quale è nato: la sua sacralità, forse perché anche noi l’abbiamo persa un po’ di vista…

Senza contare che è comparsa sulla scena anche una nuova “istituzione”: la convivenza. Potremmo definirla la nemesi del matrimonio; fino a qualche tempo fa era la coabitazione dei due amanti ad essere considerata un “peccato” e ad essere condannata dai più. Oggi è diventata normalissima e, anzi, quasi un passo naturale preventivo da effettuare prima di un eventuale, remotissimo matrimonio. Non c’è da accusare la convivenza – ovviamente – ma il motivo principale per cui la si sceglie al posto dello sposarsi: la possibilità di fuggire più facilmente in caso di pericolo, se scatta l’allarme rosso, quando si comincia a litigare per tante piccole cose e quindi: «Abbiamo deciso di lasciarci, perché non andiamo più d’accordo».

E’ vero, il matrimonio è un rischio. Ed è strano che, più la società promuove la ribellione, gli atti di coraggio, di emancipazione e di indipendenza, più si ha paura di qualcosa per cui si è sempre combattuto: l’amore. Prima, ciò che spaventava, era perdere la persona amata; ora sembra che si abbia il terrore di non potersene più sbarazzare se le cose non vanno come vogliamo noi. Nel matrimonio è essenziale il pronome “noi”, ma, ultimamente, ha assunto più importanza il pronome “io”. Eppure, ricordiamoci, c’erano donne ripudiate dalle proprie famiglie perché volevano sposare “l’uomo sbagliato”; chi si è messo contro interi meccanismi sociali, per sposarsi, chi ha rinunciato a titoli per amore. Il rischio valeva la candela e non si prendeva affatto in considerazione la possibilità che tutti gli sforzi per conquistare la persona amata sarebbero potuti diventare uno spreco di tempo, perché un giorno l’amore, come per magia, sarebbe potuto scomparire.

Spesso si sente dire la frase «L’amore non basta». Qual è, allora, la concezione di amore che abbiamo? Alla parola “matrimonio” è inevitabile – dovrebbe esserlo – associare quella di amore. E’ un’emozione? Una passione? Forse da adolescenti. Ma che sia da conviventi, che sia da sposati, l’amore è una scelta che si fa ogni giorno, è continua collaborazione e, prima di tutto, lavoro su se stessi. Spesso si dice anche che l’amore è sacrificio. Ecco, questo è vero; e oggi, così come improvvisamente sono scoppiate le intolleranze al lattosio, al glutine, a tutti quei cibi naturali che si sono sempre mangiati e costituivano le fondamenta della nostra alimentazione, è emersa questa indisponibilità al rinunciare, al rischiare, al provare ad amare in modo maturo, addirittura con la sicurezza che si può mettere anche per iscritto, che questa unione durerà tutta una vita.

Precedentemente si è detto che il matrimonio ha un aspetto sacro che si sta dimenticando. Ed è quello più importante. Perché per avere un matrimonio di successo, per resistere ai malumori, ai dissapori, alle discussioni; per rendere sempre più stabile e non sempre più fragile questo legame, serve la presenza di Colui che l’ha creato. Nel libro di Ecclesiaste nel capitolo 4 è scritto che “una corda a tre capi (Dio – marito – moglie) non si spezza facilmente”. Dio ha pensato al matrimonio, proprio perché: «[…] Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a Lui», affinché una collaborazione, un legame, una unione come quella tra due persone che si amano, possa superare ogni difficoltà, crescere dei figli sani, che contribuiranno a rendere un posto migliore questo mondo e anche perché, come cita il protagonista del film Into the wild, la felicità è reale solo se condivisa.

Per concludere, il matrimonio non è la tomba dell’amore. Escludere Dio, anteporre se stesso all’altro, non essere grati di aver trovato una persona che ci ama nonostante i nostri (tanti) difetti lo è. E con questa nuova consapevolezza, cerchiamo di cambiare il nostro modo di vedere qualcosa che non è terribile, come ormai i più pensano, ma è bellissimo.

Saverio Corsini