domenica 16 agosto 2015

31. Hai trovato quello che stavi cercando?



Prima troviamo Roy, poi troviamo Corallo, poi troviamo il mezzo che ci rimaterializzerà nel “nostro mondo”.

E’ passato un giorno intero e abbiamo girato il castello in lungo e in largo, ma nessuna traccia di ciò che stiamo cercando.

Ci manca solo l’ultimo piano, ma è anche il piano delle stanze del Re, mi sembra strano che possano essere qui.

La vita è una continua ricerca.

Ma non si cerca sempre la stessa cosa, perché credo che ci sia anche un continuo “trovare”.

Credete che non abbia mai provato a cercare i miei genitori?

Di capire il motivo per il quale mi avessero abbandonato?

Da piccolo li volevo accanto a me.

Quando i tutori ci portavano a giocare al parco, io li vedevo.

Vedevo queste mamme e questi papà occuparsi dei loro figlioletti.

Sistemargli il maglioncino.

Aprirgli il pacchetto di patatine.

Soffiargli il naso.

Abbracciarli.

A 6 anni volevo dei genitori che mi abbracciassero.

A 10, volevo dei genitori che mi dicessero perché mi avessero lasciato.

A 15, volevo dei genitori che mi spiegassero perché non provassi emozioni, perché non 
fossi come gli altri.

Associai la mia assenza di sentimenti alla ragione dell’abbandono.

Forse avevano pensato che non aveva senso tenere un bambino che, anche se coccolato o curato, non li avrebbe mai amati.

Eppure, quando guardavo quel papà stringere la manina del figlioletto al parco, pensavo che, forse, se qualcuno l’avesse stretta anche a me, avrei potuto provare qualcosa.

Tanti forse e tante ricerche.

Che non mi avevano portato mai da nessuna parte.

Mai nessuno mi aveva stretto la mano.

E non parlo della stretta di mano della tutrice, per impedirmi di scappare da una parte all’altra.

Parlo di quel tocco, quelle dita incrociate, che dicono senza dire: “Sei mio, mi prendo io cura di te, perché sei mio”.

Io non sono mai stato di nessuno.

Ma in fondo, non è questo che vuole la gente?

Essere libero?

E se sei “di qualcuno”, come fai ad essere libero?

Guardo Enock, e vedo il suo sguardo di speranza ogni volta che cerchiamo in qualche stanza, volendo trovare Roy o Corallo, un obiettivo raggiunto, un passo più vicino alla meta: tornare “ad essere visto”.

Il figlio di Re Cedric, che è scappato da lui per essere libero, adesso vuole tornare da lui.

Perché è suo figlio.

E lui è suo padre.

Poi usciamo da una stanza a mani vuote e il suo sguardo si fa sempre un po’ più vacuo.

Ho passato una vita cercando qualcuno che non mi voleva, risposte che non avrei avuto.

Adesso a lui sta toccando la stessa sorte; ma c’è una differenza cruciale, quella che farà sì che il piano riuscirà e torneremo in mezzo agli altri.

I miei genitori non volevano che tornassi da loro.

Ma il Re vuole che suo figlio torni da lui.

Altre tre stanze, prima di quella del sovrano.

Il bagno.

Niente.

Una libreria.

Niente.

Sto per aprire la porta di quella che dovrebbe essere una stanza delle riunioni, quando Enock torna un attimo indietro.

«Aspetta, mi è sembrato di vedere una cosa…», dice rientrando in libreria.

Questa è la settima e ultima biblioteca di tutto il palazzo.

I camerieri, le guardie passano per i corridoi, ma non ci vedono.

Ci vediamo solo noi.

Lo seguo.

Vedo le piastrelle bianche, le pareti bianche, tutto il soffitto è ricoperto da candele poste a testa in giù.

Non chiedetemi come stiamo messi a gravità a Gelso, perché, vedendo questo, non saprei rispondervi.

Scaffali in legno di cedro alti.

Non vedo nulla di strano (vabbè, di strano nel senso che possa collegarci a Corallo o a Roy) rispetto a cinque minuti fa che siamo entrati.

«Allora?», chiedo.

Il principe si ferma al primo scaffale di fronte a noi, che siamo sulla soglia della porta.

«L’ultima volta che sono entrato in questa libreria, un paio di settimane fa… i libri in questo mobile non erano posti  a testa in giù», mi dice, prendendone uno.

«Li avranno rimessi a posto male», dico.

«…Tutti?!», esclama Enock sgranando gli occhi.

E con quel “tutti”, mi si apre un mondo.

«Questi sono il mezzo», dico sicuro.

«I libri sono la porta che collega due mondi: uno che si vede e uno che non si vede, la realtà e la fantasia».

Ma certo.

Abbiamo trovato il modo di rimaterializzarci.

Ora che facciamo?


Scritto da Valeria Quarto






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