giovedì 6 agosto 2015

30. GRIGIO



«Jensen!», grida.

E mi abbraccia.

Credo di non essere mai stato abbracciato nella mia vita.

Insomma, da piccolo qualche adulto c’ha provato, ma io lo scostavo.

E poi a Kroatoan non si usa manifestare…. Come chiamarlo, affetto? Gratitudine?

Le emozioni tradotte in gesti.

Sei felice, stai zitto.

Sei triste, trattieni le lacrime.

Niente applausi, niente smancerie o show.

A maggior ragione, io che non provo sentimenti, non sono abituato a queste cose.

Enock è stato da solo molto tempo.

Rinchiuso.

Avrà avuto paura.

Cosa si fa in questi casi?
Le sue braccette mi cingono il busto, la sua testa arriva al mio petto e mi sta inumidendo la maglietta con le sue guance rigate da vecchie e nuove lacrime.

«Ci sono io, non sei più solo», riesco solo a dire e con una mano gli do un colpetto dietro la schiena.

Per me è molto imbarazzante, tutto ciò.

«Sapevo che saresti riuscito a trovarmi, ci riesci sempre», dice, staccandosi lentamente, guardando in basso, anche lui un po’ in imbarazzo.

Credo che il suo abbraccio sia stato un gesto non calcolato, uno sfogo della sua anima che ha gridato “Sono libera!”… O forse ho letto troppi libri, e lui è solo un ragazzino che aveva perso la speranza.

O forse no?

Ma torniamo al problema principale.

Anzi, ai problemi.

«Enock, non so se l’hai capito, ma “siamo invisibili”. Nessun altro può vederci, a parte chi è fatto della nostra stessa materia. Dobbiamo trovare lo strumento che ci farà ritornare nella materia del resto… delle cose, diciamo, e questo è un oggetto visibile sia da noi che dagli altri», cerco di spiegargli brevemente.

«Ma prima dimmi: cosa è successo?»

Tira su col naso.

Guarda i frammenti di vetro sul pavimento.

«In realtà, non so molto. Sono scappato, è vero», le sue guance assumono il colore della vergogna. «Ma non sono andato molto lontano, avevo casualmente trovato una mappa del castello con i sotterranei cerchiati di rosso e ho pensato di farci un salto e nascondermi qui».

Casualmente? Davvero? Corallo…

«Ma mentre scendevo le scale, qualcuno deve avermi colpito, e… Mi sono risvegliato lì 
dentro», indica la gabbia distrutta alle sue spalle.

«Mentre eri svenuto, Corallo deve averti fatto bere “dell’acqua” che altro non è che una sostanza prodotta per trasformarti in un’altra materia, non vedibile dal resto di… noi».

«Corallo?», lui è questo quello che sente di tutto il mio discorso.

I suoi occhi sono sgranati dalla sorpresa.

Ma a questo punto sono io ad essere sorpreso.

«Non è stato lui a rapirti? Chi ti dava da mangiare? Non hai visto nessuno dalle tue parti?», chiedo.

«Non lo so. Insomma, una figura incappucciata mi portava da mangiare, ma anche se io mi dimenavo e gli facevo domande non mi ha mai risposto, né dato qualche… segnale che potesse farmi credere fosse Corallo o qualcuno che conoscessi. E’ tutto incappucciato di grigio ed ha una maschera grigia sul volto, liscia… Non so altro. Perfino le mani sono coperte da guanti grigi… Non so…».

Strano che continui a nascondere la sua identità.

Comunque, adesso dobbiamo cercare Roy.

E poi, penseremo a Corallo.


Scritto da  Valeria Quarto


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