domenica 27 settembre 2015

34. ASSENZA EMOZIONALE


«Cosa sta dicendo?», Enock mi tira la manica della maglia.

«Logan, cosa sta dicendo?!».

La sua voce stridula, spezzata, ha il sapore di chi ha capito.

Ha capito che è stato tradito.

Estraggo il pugnale velocemente, lo afferrò dalla lama, tagliandomi, ma è necessario.

Col manico lo colpisco sulla testa.

Colpisco il principe.

Cade sul pavimento tempestato di zaffiri della stanza del Re, svenuto.

Avrebbe dato di matto e in questo momento ci sono già io ad essere confuso.

Non provare emozioni, permette alla mia logica di operare sempre lucidamente e in modo diretto.

D’accordo, anche la morale mi influenza.

E colpire un ragazzino può sembrare che “non sia giusto”.

Ma, ragioniamo: ho questo tizio di fronte a me che stava letteralmente mandando all’aria la mia copertura.

E questo non va bene.

Tuttavia… Ha ragione. Io voglio uccidere Re Cedric. Gelso deve essere conquistata dall’interno, è questo il motivo per cui sono qui. Anzi, siamo.

«Dov’è Roy?», sapendo che lo sa.

«Roy è stato un incidente, non doveva usare Il Passaggio», sbuffa teatralmente, passeggiando avanti e dietro per la camera.

E in tutto questo, il Re dorme.

Non ha battuto ciglio quando ho colpito Enock.

«Il Passaggio?», domando.

Voglio inquadrarlo.

Sembrerebbe… un pazzo.

«Ma sì, è il nome che ho dato alla mia invenzione che ci ha permesso di passare sotto quest’altra forma, parallela a quello che si chiama “il mondo reale”».

Con il piede dà un leggero calcio al braccio del principe.

«Ehi, lascialo stare», gli intimo.

«Come, prima lo ferisci tu e poi io devo lasciarlo stare?», si muove come un attore, allarga le braccia esageratamente, cammina a grandi passi.

Ora si avvicina al letto del Re.

Lo guarda mentre dorme.

Anzi, non si limita a guardarlo… lo fissa.

«Te lo ripeto un’altra volta», mi accorgo del sangue che cola dal taglio che mi sono fatto sulla mano, tenendo il coltello dalla lama. Fa male «Dov’è Roy».

«Cosa vuoi che ne sappia?! Credi che mi interessi? L’ho intravisto in giro per i corridoi, ma mi importava più di non essere visto, quindi l’ho lasciato perdere», esclama esasperato, poggiandosi con la schiena sulla parete.

«Io voglio solo prendermi il trono, Logan. E per farlo sono costretto ad eliminare mio padre e il nanetto».

Quando dice “padre”, sussulto.

Lui se ne accorge.

Sembra molto intelligente, quasi geniale.

Non so, questo è quello che percepisco.

«Ti sorprende che lo chiami “padre”? O che voglia ucciderlo?», mi sorride. Come se mi stesse raccontando una fiaba o un aneddoto piacevole.

«Mi ha cresciuto, è vero. Ma non ho il suo sangue dentro di me. Enock, sì. Io voglio la corona, non voglio essere “il secondo” del principino per tutta la mia vita. Anche perché, sono arrivato prima io, Logan. E’ questione di correttezza. Potrai dirmi che, come è successo a te, avrei potuto non avere la benedizione di essere adottato e cresciuto con l’amore e la gentilezza con cui mi hanno trattato qua. Ma sai una cosa? Non sono serviti a nulla, Logan. Perché io non lo sento l’amore, io non la sento la gentilezza. Nella mia natura non esiste il sentire».

La sua voce è nitida. Sembra robotica.

«Ma tu lo sai, mi capisci», si dirige di nuovo verso il trono «e se avessi avuto un padre, fidati, anche tu, prima o poi, avresti voluto ucciderlo».

«Quindi ecco cosa voglio fare con te», si siede, prendendo la corona posata sul comodino alla sua destra e la rigira tra le  mani, le dita affusolate. «Tu lo uccidi. Fai fuori il bambinetto. Io salgo al trono e stipulo un patto con Kroatoan. Sarai acclamato e diventerai l’eroe del tuo Regno… E io avrò il mio. Se non ti fidi della mia parola – e faresti bene, io non mi fiderei di me – ti tranquillizzo dicendoti che non sono bravo a combattere, anzi: a differenza tua, sono debole fisicamente. Oltre che con questa Assenza Emozionale, come la chiamo io (mi piace dare nuovi nomi alle cose), sono nato con una carenza muscolare che mi rende fragile. Ogni volta che combattevo e che mi allenavo, subito dopo dovevo correre in infermeria. Ma, indovina un po’, lo facevo per compiacere il caro papà. A costo di stare male ogni volta. Adesso non mi importa più di lui, più di nessuno. Voglio il potere. Se non mantengo il giuramento, non ti sarà difficile uccidermi e io tengo alla mia vita più di qualunque altra cosa, quindi mi atterrò alla parola data. Io voglio il potere, tu vuoi una missione. Eccotela».


 Scritto da Valeria Quarto

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