domenica 4 ottobre 2015

35. AFFARI


Il suo ragionamento non fa una piega.

Lui vuole uccidere il Re.

Io voglio uccidere il Re.

Ho qualche scrupolo solo per il ragazzino.

Magari posso farlo uccidere da Corallo o potremmo rinchiuderlo nella Prigione di Massima Sicurezza a Kroatoan (non che mi preoccupi di chissà cosa possa fare).

Si tratta di affari e il tempo sta per scadere, prima che il mio Regno pensa che abbiamo fallito e bombardi Gelso, uccidendoci tutti.

Tuttavia non mi sembra giusto prendere questa decisione da solo.

Tornerò alla dimensione reale e ne parlerò con Emma.

«Devo pensarci. Ne parlerò con i miei compagni e ti farò sapere».

Tenendo ancora in mano la corona del Re, vedo un guizzo nei suoi occhi grandi e vuoti.

«Ma non metterci troppo. Entro domani devi aver scelto. O anche tu rientrerai nel mio piano di sterminio, Logan, e mi dispiacerebbe. Non ho incontrato mai nessuno come me».

Non so per quale motivo, ma questo paragone, mi irrita.

Mi infastidisce.

Sono davvero come lui?

«Al ragazzino penso io», dico, prendendolo in braccio. «Anche su di lui, prenderemo io e i miei una decisione sul da farsi e intanto tu troverai Roy». A quest’ultima affermazione, più che richiesta, il suo volto si scurisce per un attimo.

«Trovarlo per farmi uccidere?! Cosa gli dico, che mi hai mandato tu? Non se la berrà mai».
Allora prendo una lettera reale scrivo una parola sul bigliettino e lo sigillo nella busta col timbro.

Una C rossa scarlatta.

«Dagli questa», gliela consegno, il mio pollice sfiora il suo indice mentre l’afferra. Le sue mani sono fredde. «E saprà che sei con me».

La parola è “casa”.

Una volta, durante una missione, stavamo parlando di quali fossero le parole più difficili da pronunciare o da ricordare per la loro complessità.

E Roy disse: «Anche casa è una parola tosta», e io me ne stupii.

«Non tutti ne hanno una. Alcuni riconoscono la loro casa quando ormai è troppo tardi. Ed è anche quella che temo di più, perché ogni volta che me ne vado a combattere contro qualche nemico, a battagliare in qualche guerra, non so se la rivedrò. Se ci tornerò».

Io non ho parole che mi piacciono.

Né che temo.

Prendo in braccio il principe ancora tramortito e lo porto nella libreria.

Sento Corallo esclamare alle mie spalle: «L’appuntamento è sempre qui, nella stanza del Re, alle ore 3 del pomeriggio! Ah, e, Logan», mi volto, i suoi occhi nei miei. «Non deludermi».

E odio quando lo dice.


Scritto da Valeria Quarto

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