Illustrazione di Alessia Tricarico |
«Non sei durato neanche un giorno!», grida Emma, sbattendo il pugno al
muro.
«Abbassa la voce, vuoi che ci scoprano?!», bisbiglia Roy, stringendole
la spalla «Il ragazzino è più fuori di cervello di quello che pensavamo. Giù
uno che se ne va in giro per pazzi, è da rinchiudere».
«Roy, Emma, basta». Inspiro, espiro.
Emma non ha tutti i torti, ho sicuramente sottovalutato la situazione.
Questa volta siamo nel retro delle cucine. Appena il principino è
scappato, dopo aver avvisato le altre guardie, ho raggiunto i miei compagni per
aggiornarli.
«Lo troverò».
«Lo troveremo, semmai», esclama, fissandomi, Emma.
«Non se ne parla, noi siamo servitori, non possiamo abbandonare questo
compito per un altro che non ci appartiene».
«Roy ha ragione. Come l’ho trovato la prima volta, lo troverò anche
questa».
Detto ciò, lascio la stanza senza dare il tempo ad Emma di ribattere.
Mi sento… inefficiente.
Comincerò a perlustrare il giardino, il labirinto e poi passerò
all’esterno. Anche se, data la dimostrazione di scaltrezza, non credo che si possa essere nuovamente
rifugiato nel labirinto.
Ma perché scappare? La sua vita qui è perfetta.
Sto per scendere le scale, quando vedo la schiena del Re che mi
precede.
Potrei provare a scusarmi, a rassicurarlo. Non posso perdere la
fiducia appena guadagnata.
«Sua Maestà», esclamo dalla cima della scalinata.
Lui l’ha terminata, si gira. Mi vede e mi sorride.
E’ stato avvisato che Enock è scappato? Perché mi sorride?
«Andiamo a cercarlo», dice.
Cosa? Lui, il Re deve andare in giro a cercare suo figlio?
Deve aver capito dal mio viso che sono stupito da questa affermazione,
perché aggiunge: «Tu l’hai perduto. Io sono suo padre. Tocca a noi
recuperarlo».
Non è in collera con me? Dal suo sguardo non sembra.
«Sì, Altezza», mi limito a rispondere.
Abbasso lo sguardo. Scendo la scalinata, gli ultimi scalini con
incertezza. Sono ad una spanna al di sopra di Lui.
«E’ sempre vissuto al sicuro, ha sempre avuto ciò che desiderava, e
anche di più» sospira, un luccichio negli occhi. «Questo gli ha sempre fatto
credere che non potesse vivere libero e in modo avventuroso. Capisco che sia
piccolo, e i giovani hanno difficoltà ad apprezzare ciò che hanno. Ma di solito
se ne rendono conto quando rischiano di perderlo».
Capisco perché lo ritengano saggio.
«E tu, Jensen, apprezzi ciò che hai?» mi domanda, ma non aspetta la
risposta «Andiamo».
Mi volta le spalle. Mai dare le spalle al nemico. Ma non è il momento
giusto. Ma il momento giusto potrebbe essere a breve… Saremo soli, alla ricerca
di suo figlio.
Presto sarai orfano, Enock.
Spero che tu riesca a dare un ultimo saluto a tuo padre.
Scritto da Valeria Quarto
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