domenica 25 gennaio 2015

8. NELLA STANZA

Illustrazione di Alessia Tricarico

“Non dimenticatevi di trasformare i vostri sogni in realtà”.

E’  l’incisione sopra la grande porta di Gelso.  E poi tutte le Mura sono piene di versi, di citazioni e di frasi.

Si dice che siano tutte le parole che rappresentano lo spirito di Gelso e per questo, anni or sono, Re Cedric I volle farle incidere, affinchè tutti sapessero chi fossero i cittadini di Gelso, città anche nota come “Regno dell’Oro”.

Una volta arrivati nella stanza assegnataci, non possiamo fare a meno di stupirci: èdavvero ben messa, malgrado sia per dei semplici servi.

Quadrata, soffitto alto, letti in mogano, fatta interamente di parquet, sia le pareti, sia il pavimento. Un grande finestrone dà sul Giordano, il fiume principale di Gelso.

Io e Roy dividiamo la camera. Emma, essendo una ragazza, la condivide con un’altra servitrice.

Il mio sguardo si sofferma sui due armadi di mogano.

«Roy», bisbiglio, dopo aver chiuso la porta alle nostre spalle «dobbiamo stare più attenti, abbiamo rischiato troppe volte in troppo poco tempo di essere scoperti».

«Lo so, Jensen, lo so! E’ che devo ancora… ambientarmi», si scusa, gettando il borsone nell’armadio.

«E poi quel Ciambellano mi ha trasmesso una sensazione di ansia acuta!»

«Ciambeche?!»

«Il tipo con gli occhialetti a fondo di bottiglia, Jensen Logan!» risponde quasi stizzito.

«Quello è il Cappellano!» esclamo, quasi divertito, lanciandogli la maglietta sudata che mi sono appena tolto di dosso.

«Ehi!» ride lui.

Credo che possiamo considerarci amici.

Vorrei poter dire di volergli bene.

Ma non lo sento.

Ma so che devo volergliene, perché ci sono tutti i presupposti giusti per poter affermare che è un amico fedele.

«Muoviamoci a togliere le armi dalle sacche e a nasconderle da qualche parte», dico.

«Sotto gli armadi», suggerisce Roy

«Ci sei vicino. Dietro agli armadi», affermo. Infatti sono concavi sul retro, perfetti per attaccarvi e nascondervi le armi.

Dopo aver sistemato tutto, ci stendiamo entrambi sui nostri letti ed apriamo il manuale del “perfetto servitore”, come l’ha chiamato simpaticamente Roy. Dopo poco, sentiamo bussare alla porta. E’ Emma.

«La mia coinquilina sembra uscita da un racconto per bambini! E’ troppo… troppo!», sbotta, sedendosi ai piedi del letto di Roy, anche lei con il manuale in mano.

«Almeno non abbiamo nessuna divisa ridicola, ma solo una targhetta con la scritta Staff, da indossare!» ribatte lui.

«Cerchiamo di essere gentili con tutti. Dobbiamo integrarci, nessuno deve sospettare niente, questo discorso l’ho fatto prima a Roy».

«Senti, Esca, sei tu quello che deve andare d’accordo con tutti, non solo noi», dice secca lei.

Io non provo emozioni, ma riesco a captarle, a percepirle e a riconoscerle negli altri.

E sento benissimo nervosismo misto ad una punta di disprezzo, nel tono di Emma.

Non mi faccio problemi ad affrontarla.

Sempre con calma, ovviamente.

Le liti provocano divisione, e la divisione in un esercito porta la sconfitta.

«Qual è il problema, Emma? Ti sono antipatico?», le chiedo, mettendomi a sedere.

L’hocolta alla sprovvista, ma non sposta lo sguardo dal mio.
«No, no… Però solo perché sei l’Esca, non significa che tu debba dettare ordini. Questo, Lock non l’ha detto», risponde.

Capisco. Questione di potere.

In questi pochi giorni, ho potuto capire un paio di cose su Emma Fox.

E’ ambiziosa. E la sua non è arroganza, ma ostentata sicurezza di sé.

Ho dato uno sguardo al suo fascicolo, e ha avuto molti premi e riconoscimenti per le sue abilità sul campo di guerra.

Ma anche ben due richiami, in questi ultimi quattro anni, per indisciplina.

Mi chiedo perché l’abbiano scelta per il progetto, dato queste  macchie importanti sul suo curriculum.

«Infatti, il comandante Lock non mi ha dato l’incarico di dirigere la missione e non mi sembra che io lo stia facendo», confermo.

«E allora tutte queste raccomandazioni, queste critiche..»

Fatica a mantenere il controllo.

Sotto pressione cede il posto alle emozioni.

E io so quanto irrita vedere, invece, il tuo avversario completamente… tranquillo.

Beh, non riesco ad accendermi o ad offendermi.

«Non ci ha dato ordini… Ma devi ammettere che oggi abbiamo rischiato parecchie volte di sbagliare, e lui è riuscito a salvarci il cu..», ma Roy non riesce a finire la frase, che lei sbuffa ed esclama «D’accordo, d’accordo, errore mio, scusa tanto, Logan».

Una come Fox non chiede mai scusa.

Me la sta dando vinta, perché è una contro due, dato che Roy ha preso le mie parti.

«Non ci conosciamo. E ci ritroviamo a convivere per tre mesi in terra nemica. Non ti chiedo di andare d’accordo, ma ti chiedo di… rispettarci. Dobbiamo farlo, se vogliamo sopravvivere. A me interessa solo ritornare a Kroatoan».

Spero che questo discorso motivazionale l’abbia ammorbidita.

«Come eroi», sussurra Emma.

«Beh, certo, è l’unico modo per tornarci vivi, sennò moriamo!», aggiunge Roy.

Entrambi lo guardiamo. So già cosa sta pensando lei, che sia ridicolo un tipo del genere.
Invece è semplicemente Roy.

A volte parla a sproposito.

Spesso.

«Direi che è il caso di rimetterci a studiare».

Riapro il manuale a pagina 20.

Sono 300 pagine.

Ma la disciplina è essenziale se si vuole ottenere quello per cui si combatte.

O in questo caso… ciò per cui si aspetta.

Scritto da Valeria Quarto

domenica 18 gennaio 2015

7. IL LASCIAPASSARE

Illustrazione di Alessia Tricarico

Entriamo in una stanza dove c’è un uomo seduto ad una scrivania dalla corporatura molto robusta, con degli occhialetti tondi, immerso in centinaia di carte e circondato da penne, orologi, calcolatori e strani meccanismi e marchingegni.

Le pareti della stanza sono interamente riempite di orologi di ogni genere: a cucù, d’oro, di ogni forma e dimensione.

«Cappellano, ti ho portato tre giovani clorophiliani desiderosi di servire a Corte».

L’uomo alla scrivania alza lo sguardo, la fronte corrugata da chissà quale pensiero e ci fissa per un interminabile momento.

L’unico suono è quello dei ticchettii scoordinati e incessanti di tutti gli orologi, impossibile contarli.

Sento i nervi del mio corpo tendersi. 

Chi è quest’uomo? Che potere ha?...

 «Tre servitori, eh?» pronuncia con voce stridula.

Mi sarei immaginato una voce più possente o tuonante, a giudicare dal suo aspetto. 

Quando si dice che l’apparenza inganna…

«D’accordo, d’accordo, non c’è tempo, non c’è tempo! Datemi i vostri documenti, Cirus, passami i loro documenti! Fa in fretta, fa in fretta!» quest’uomo mette agitazione, trasmette ansia.

Per lo meno, la mette ad Emma e Roy, lo intravedo dai loro tic, da quelle espressioni micro facciali che disegnano impercettibilmente i loro volti. 

Diamo i nostri lasciapassare al Guardiano Principale il cui nome ora sappiamo è Cirus, che li poggia sulla scrivania del Cappellano.

«Sapete, Clio, il Cappellano, si occupa dell’intero andamento dei servizi del castello», ci spiega Cirus «Dei Guardiani, dei Servitori, dei Cuochi…»

«…E dei Giardinieri, dei Contabili, delle Damigelle, dei Musicisti, degli Animatori» continua il Cappellano, sempre con voce acuta.

«Si, ma rilassati! I nostri amici vengono da Clorophilia, che è lontanissima da Gelso! Saranno stanchi!» sussurra cordialmente il Guardiano.

«Beh, il tempo corre da un’eternità e si lamenta, forse, di essere stanco? Anche io sono stanco, ma continuo ad andare avanti! Rischio di fare tardi!» sbraita Clio.

«Dici sempre così, ma poi sei sempre in perfetto orario!» 

«E lo sono perché non mi fermo mai! Il tempo non aspetta nessuno, Cirus, ricordatelo! Il tempo non aspetta nessuno!» grida di rimando il Cappellano.

A Kroatoan abbiamo il Consiglio che si occupa della gestione della Fortezza. E saranno almeno una quindicina di consiglieri.

E questo tanto elogiato Re permette che uno solo dei suoi si occupi di tutto il palazzo?

Eppure, da quello che raccontano, se la sa cavare.

«Ecco, datemi il polso destro!» esclama il Cappellano, afferrando il braccio di Emma.

Lei si irrigidisce all’istante e serra la mascella per riflesso incondizionato del buon soldato.

«Clio, è una signorina, non puoi trattare così una signorina!» ribatte il Guardiano, avendo notato la figura di Emma irrigidirsi tutt’a un tratto.

Ripeto, ecco il lato positivo di avere una donna nell’esercito.

Soldato o no, rimangono pur sempre donne, e tutto il mondo sa come vanno trattate le donne.

Con gentilezza.

«Scusi, scusi, signorina, ma non c’è tempo, non c’è tempo!» sussulta il Cappellano, e le stampa un timbro rosso scarlatto sul polso destro.

«Nel caso in cui voleste andarvene, se vi cacciassero o se cambiaste categoria di servizio, tornerete da me, solo io ho l’unguento che cancella il timbro reale» conclude il signor Clio.

Guardo la scritta all’interno del polso. 

“Servitore di Cedric”.

Non di “Re” Cedric.

Che cosa strana.

Ma c’è da aspettarsi di tutto in un posto dove si mangiano le nuvole. Che voglio assaggiare.

«Comincerete domani» strida il Cappellano «eccovi il manuale di ogni cosa che dovrete fare, con orari e dettagli vari. Mi raccomando, siate puntuali».

«In cosa, Signore?», azzarda a domandare Roy.

Il Cappellano lo fissa per un secondo dritto negli occhi.

«Bisogna essere puntuali nella vita, ragazzo. Nella vita».

Concordo con lui, a riguardo. Ci sono guerre perse o vinte a causa o grazie ad un minuto. 

Un solo minuto può essere fondamentale, il gradino cruciale tra la vita e la morte.

 «Entro domani, dovrete saperlo a memoria!!!» 

«Sissignore!» diciamo tutti in coro.

Per un attimo cala il silenzio.

Scoppio a ridere. 

«Scusate, è un’usanza clorophiliana per prendere in giro la prontezza militare!» mento spudoratamente.

«Beh, invece dovreste far vostra quella prontezza!» sbraita il Cappellano.

Si sono lasciati convincere.

Dobbiamo stare più attenti.

Per un attimo era calato il gelo, prima. 

Ci guardiamo tutti e tre sollevati.

«Cirus, trova il Servitore addetto di zona, e falli accompagnare nell’Ala dei Servitori, dove c’è il dormitorio per voi!» 

«Bene, bene… seguitemi!» dice, sorridendoci, il Guardiano.

«Ah, e, ragazzi» aggiunge, citando il motto del Regno «benvenuti a Gelso, e non dimenticate di trasformare i vostri sogni in realtà».

Scritto da Valeria Quarto



domenica 11 gennaio 2015

6. A Corte

Illustrazione di Alessia Tricarico
Dopo aver alloggiato un paio di giorni all’Ostello Cielo, ci siamo incamminati verso il castello.

E’ situato su un’altura verdeggiante, al centro di Gelso.

Del resto, l’intero Reame è ricco di piante e alberi, come il larice, il mirto, e molti cedri.

Kroatoan è un po’ più aspra, perché è stata edificata 200 anni fa attorno a un’oasi, l’unica nel Grande Deserto.

Prima di Re Moab, c’era suo padre Ammon, che nel suo lungo mandato durato 67 anni, trasformò il territorio in un luogo moderno e tecnologicamente avanzato, degno di accogliere una fetta della civiltà umana.

Dove c’era l’oasi, adesso e da anni c’è la Fortezza del Re.

Tutta la sabbia o la poca erbetta è ricoperta da 10 cm di asfalto rosso, come il cielo.

Ci sono palazzi di cristallo e di ferro. Non esistono casette di marzapane o quella roba di cui ho letto nei libri.

Invece Gelso sembra esattamente uscita da una di quelle fiabe con cavalieri e principesse.

Magari non ci sono casette di marzapane, ma ci sono casette di mattoni e di assi di legno, altre tinte di colori dalle tonalità pastello.

Ci sono fontane d’oro.

Un cartello appeso sulla vetrina di un ristorante attrae il mio sguardo.

“Nuvole bianche con cacao a soli 2 cicli d’oro.”

Un ciclo corrisponde a 10 kroati.

Ovviamente, gli Ingegneri ci hanno procurato del danaro clorophilliano, che abbiamo cambiato alla Banca Di Gelso questa mattina.

Nessun problema con i documenti.

Tutto in regola.

Nella mia vita ho letto molto.

Quando ero piccolo dovevo pur passare il tempo, in qualche modo, in quell’orfanotrofio.

Con gli altri bambini non mi trovavo bene.

Si divertivano con cose che non mi divertivano.

A 6 anni ti insegnano a leggere e a scrivere.

L’Orfanotrofio Della Speranza aveva una biblioteca immensa.

E durante i 13 anni che vi ho trascorso, posso sicuramente affermare di aver letto tutti i libri che conteneva.

Alcuni anche più di una volta.

La Nutrice Superiore mi regalò “L’arte della guerra” come premio per l’ottimo tema sulla pace che scrissi all’età di 10 anni.

Buffo, no? Si doveva argomentare perché bisognasse ricercare la pace e come premio c’era un libro su come fare la guerra.

Questa è Kroatoan.

Non giudico il mio Regno. Sia perché è perseguibile penalmente secondo il 16° principio della Carta di Kroatoan, sia perché non posso lamentarmi.

Obiettivamente non mi è mai mancato niente.

«Ragazzi, siamo arrivati». Emma è vestita da ragazza.

E’ la prima volta che vedo un soldato donna vestito… da donna.

Eccoci di fronte all’immenso portone d’oro del Castello Reale.

Roy ci guarda.

«Come facciamo ad entrare?»

Emma comincia a guardarsi attorno.

Io mi avvicino alla porta.

E busso.

«Ricordiamo di dimenticarci di essere soldati», dico abbozzando un sorriso.

Roy scoppia a ridere, Emma alza gli occhi al cielo.

«E’ proprio vero che a volte la soluzione giusta è la più semplice», dice.

Lentamente, si apre il portone.

Ed appare un vecchietto, con una barba lunghissima, una casacca di lino bianco, lunga fino alla vita e dei jeans apparentemente nuovi.

Mi fa uno strano effetto vedere un uomo che avrà su per giù 80 anni, indossare dei jeans.

Dei jeans “alla moda”, aggiungerei. Che fanno a pugni con la casacca di lino.

E’… buffo.

«Ditemi, giovanotti!», esclama con aria cordiale.

«Vorremmo parlare con un Guardiano», chiede sbrigativo Roy.

«Io sono un Guardiano! Anzi, il Guardiano Principale, per essere precisi, dato che mi occupo di sorvegliare ed accogliere chiunque bussi alla Grande Porta», risponde lui, con aria solenne e soddisfatta.

Emma e Roy non riescono a nascondere la meraviglia.

Il vecchio se ne accorge.

«Voi non siete di qua, vero?» domanda.

Subito Roy si toglie di spalle lo zaino e velocemente ne esce fuori i documenti, piantandoglieli in faccia.

«Abbiamo i lasciapassare! E’ tutto legale!»

Ottimo, Roy, davvero un comportamento naturale e poco sospetto.

Non provo sentimenti, ma conosco il sarcasmo.

Deve essere più rilassato.

«Lo scusi, Signore», dico sorridendogli tranquillamente «è che eravamo appena arrivati a Gelso, l’altro giorno, quando c’è stato l’assalto delle legioni di Kroatoan. Sa, la gente, giustamente, è sospettosa».

L’anziano sorride.

«Giusto, giusto».

Prende il documento dalle mani di Roy.

«Quindi venite da Clorophilia. E vedo che avete passato tutti i controlli. Bene, bene».

«Siamo cugini, signore. Speriamo di trovare un po’ di fortuna qui a Gelso». Dice Emma con una voce dolce e suadente come il miele.

Ecco il lato positivo di avere una donna nell’esercito.

«E cosa cercate al Castello?»

«Ci accontenteremmo di un posto come Servitori, Signore» risponde Roy.

«C’è sempre posto per dei servitori. Seguitemi».

Facile come bere un bicchier d’acqua.

Si volta e ci fa strada all’interno del Palazzo.

L’ingresso è immenso. Il soffitto è ricoperto da affreschi raffiguranti battaglie nel cielo e il pavimento è di cristallo.

Ci sono quadri e specchi affissi sulle pareti rivestite d’oro.

Io sono stato al Palazzo del Re Moab.

All’interno è completamente rivestito di rubino e anche quello ti lascia a bocca aperta.

Ma questo è davvero niente di mai visto.

«Scommetto che siete rimasti stupiti nel vedere che un vecchio come me è il Guardiano Principale!», ridacchia la nostra guida per caso.

«Beh, a Clorophilia prendono solo giovani tra i 18 e i 30 anni, Signore» risponde Emma.

Brava, hai studiato.

«Qui ti prendono a qualsiasi età purché tu abbia una dote essenziale».

«La forza?» domanda Roy».

«Eheh, no, figliolo, la saggezza».

«Io so che la saggezza è un requisito dei Re, Signore» dice Emma, evidentemente titubante.

«Beh, cara, la forza senza saggezza è inutile, anzi, è dannosa. Io devo essere così saggio da dover discernere chi far entrare o no nel Palazzo dove dimora il Re! E comunque ci sono anche Guardie forti, pronte a venire in soccorso se qualcuno vuole fare il furbo!»

Mi viene spontaneo pensare che il vecchio, questa volta, c’ha visto male.

O forse siamo noi degli ottimi attori.

Abbiamo attraversato un lungo corridoio, dall’alto soffitto, tutto rivestito d’oro e dal pavimento di velluto rosso.

«Quindi siamo passati al controllo?» chiedo, con tono scherzoso.

Ma dentro di me prego per una risposta affermativa.

«Ehehe, beh, sennò non sareste qui, no?» ride «Tuttavia devo avvertirvi: adesso state per incontrare il Cappellano. State mooolto attenti a come vi comportate con lui. Il vostro futuro nel castello come potenziali servitori è nelle sue mani».

Io e gli altri ci scambiamo un rapido sguardo nervoso.

Arriviamo di fronte ad una porta immensa, di cristallo, che ha quattro maniglie, tutte d’oro, ovviamente. E’ scritto, in alto, sul muro, a capo della porta: Cappellano.

Non l’avevamo previsto.

Scritto da Valeria Quarto
editing Bianca Cataldi


domenica 4 gennaio 2015

5. L’Assalto





Illustrazione di Alessia Tricarico
22.57.

Siamo tutti in posizione.

I primi 10 sono coloro che faranno parte dei Controllori.

Gli altri 10 saranno Gentili.

E poi ci siamo noi.

Roy ha paura.

Lo ammiro, perché ogni volta, prima di una missione, ha paura.

Ma affronta ogni suo timore con una scrollata di spalle e muovendosi sempre per primo, in modo impeccabile.

Ieri si è rasato i capelli biondi.

Io me li sono solo ulteriormente tagliati.

Emma ha, sotto l’elmetto, un tuppo.

I suoi capelli sono scuri e gli occhi verdi.

Le poche volte che ha aperto bocca mi è parsa arrogante.

Ma si deve andare d’accordo con i propri compagni.

Sono loro che hanno un terzo della tua vita in mano.

L’altro terzo dipende dai nemici.

L’altro terzo dipende da te.

Ore 23:00.

Entriamo nel tunnel.

Tutto si muove molto velocemente.

In fila indiana, cominciamo ad addentrarci nella “tana della talpa gigante”.

Potrei inventarmi una storia al riguardo.

L’eco dell’esplosione dall’altra parte della città ci insegue.

Respiro piano, non so quanto ossigeno c’è a disposizione qui sotto.

La luce sull’elmetto di Colton, il commilitone della I Legione, che mi sta seguendo, si fulmina, si spegne.

Ma noi continuiamo imperterriti.

Possiamo udire lo scalpitio di piedi fugaci sopra di noi.

I Gentili, il popolo.

Sicuramente avranno dato l’Allarme.

23:08.

Ancora 9 minuti.

Alle ore 23:17 dobbiamo essere fuori dal tunnel e dividerci, sparpagliarci.

Sento una voce ad un megafono.

Siamo non so quanti metri sotto terra.

Non si capisce bene cosa dica.

Sarà l’avviso alle genti di rientrare al sicuro nelle proprie case.

Le armi che abbiamo a disposizione sono una spada, un arco con cinque frecce ed una pistola cadauno.

Non abbiamo potuto portare con noi nessuno scudo, troppo ingombrante.

Un commilitone più avanti tossisce.

Gli unici suoni che si odono lungo il tunnel dal soffitto basso e polveroso sono  il rumore del terreno misto a ghiaia sotto i piedi e il respiro affannoso di 30 persone.

23:15.

“Vedo l’uscita!” sento gridare il primo soldato.

Io sono il 22° in posizione.

Perfetto.

Per le 23:17 saremo fuori.

Infatti è così.

Appena varchiamo i cespugli che nascondono il buco stretto dal quale siamo usciti faticosamente, ci dividiamo.

Non mi interessa gli altri dove sono diretti.

Io so solo che noi 10 dobbiamo dirigerci verso la Corte.

Da dopodomani io, Roy ed Emma faremo richiesta di potervi entrare come servitori. Dopo altri due giorni, altri due faranno richiesta per entrare come cuochi.

Altri quattro, come guardie, la settimana prossima.

L’ultimo, Colton, Farà domanda per diventare uno dei Giardinieri di Corte.

Kroatoan sarà ovunque.

Io sarò un servitore.

So solo eseguire gli ordini, non potrei essere altro.

Non so né cucinare né potare o piantare.

Come guardia, sarebbe stato più difficile avvicinarmi al Re.

Come previsto, questa parte della città è completamente deserta.

La gente è nelle case, al sicuro.

Tutta la Sorveglianza è alla Porta.

Ci vorrà almeno un’altra ora finché ritorni un po’ d’ordine.

Ora ci dirigeremo al primo ostello vicino alla Corte.

Ci presenteremo come cugini.

Possiamo addirittura usare i nostri veri nomi, per quanto è sicura la nostra copertura clorophiliana.

Per la prima volta, da quando sono uscito dal tunnel, alzo lo sguardo al cielo.

E’ di un azzurro più scuro, perché è notte.

Ma c’è luce.

Mi fa uno strano effetto avere gli occhi dello stesso colore del cielo.

O forse è il cielo che ha lo stesso colore dei miei occhi.

Mi rendo conto di preferire questo cielo a quello rosso di Kroatoan.

Scritto da Valeria Quarto
Editing Bianca Cataldi